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1 Agosto 2021Pomeriggio in compagnia delle artiste più grandi di tutti i tempi, almeno virtualmente, nella Sala Maestra di Palazzo Chigi ad Ariccia. Lo storico dell’arte, saggista e scrittore Costantino D’Orazio ha presentato “Vite d’artiste eccellenti” (Laterza) nell’incontro organizzato da Mondadori Bookstore Velletri-Lariano-Genzano-Frascati e Fondazione De Cultura in collaborazione con l’SCR e con il Comune di Ariccia. Dopo il benvenuto di Guido Ciarla, presidente della Fondazione e titolare delle Librerie, e di Giacomo Tortorici, direttore SCR, la parola è andata direttamente all’autore che tramite l’ausilio di diapositive ha spiegato la grandezza del genio delle artiste da lui “censite”, mostrando tecniche e simbologie nelle opere analizzate. Un’autentica lectio magistralis, che ha riempito la sala e interessato il pubblico, attento e partecipe.
Costantino D’Orazio, quanto tempo ha impiegato per la realizzazione di questo libro?
Due anni. Un lavoro di scrittura di due anni. Poi io dico sempre che, per i miei libri, è difficile quantificare il tempo di studio: con molte di queste artiste ho lavorato personalmente perchè sono contemporanee o da poco scomparse, altre comunque le ho incontrate spesso nella mia attività di storico dell’arte.
C’è una questione di genere nella storia dell’arte, e dal titolo emerge chiaramente.
C’è, e ci sono degli studi di genere almeno dagli anni ’70. Di solito le artiste sono studiate dalle storiche dell’arte, curiosamente. È abbastanza raro che ci sia uno storico dell’arte che dedichi studi alle donne, anche questo era un segnale necessario.
Perché alcune artiste, come ad esempio Artemisia Gentileschi, riescono comunque ad entrare nell’immaginario collettivo e altre, seppur dalle ineguagliabili doti, rimangono nell’oblio?
È un nostro problema da spettatori, studiosi, narratori. Le artiste vengono apprezzate soprattutto se hanno vite drammatiche. Artemisia Gentileschi è nota, ma sfido qualunque appassionato d’arte a dirmi quanti suoi quadri ha visto o mi saprebbe nominare. Tutti sanno perché è famosa e questa fama non è legata solo alla sua arte. Ciò succede anche per Marina Abramovich, o altre: fa più notizia la storia personale, invece sono i capolavori a parlare.
Una domanda sulla scelta di non inserire immagini: in un libro di uno storico dell’arte ci si aspetta di vedere anche i capolavori delle artiste menzionate.
Non è stata una scelta solo mia ma anche di tipo editoriale, principalmente per due motivi: volevamo un libro abbordabile, e le immagini avrebbero aumentato di gran lunga i costi. Oggi è molto facile ricercare da soli le immagini dei capolavori. Il secondo motivo riguarda il titolo: si intitola “Vite di artiste eccellenti” e non “Capolavori di artiste eccellenti”. Non avere a disposizione le immagini mi ha spinto maggiormente a concentrarmi sui fatti che hanno portato queste artiste a diventare grandi e a fare i loro capolavori.
Si parla, ad un certo punto, di una “altra storia dell’arte”. È effettivamente un’altra storia dell’arte o semplicemente un pezzo di storia dell’arte da far riemergere?
Quando si parla di “un’altra storia dell’arte”, espressione che a me non piace, è solo perché ci riferiamo al discorso delle donne. Il tema dell’altro è legato al fatto che in questo libro ho cercato di restituire alle artiste il contributo che hanno effettivamente dato allo sviluppo della storia dell’arte. Le loro sono opere senza le quali l’arte non avrebbe fatto i passi avanti nel corso della sua storia e soprattutto nel XX secolo, quando il numero delle artiste è aumentato in maniera esponenziale.
Un’artista che difficoltà aveva ad emergere nell’antica Grecia o nel Rinascimento rispetto ad oggi?
Un motivo fondamentale, ma molto pratico, ha determinato il fatto che nessuna artista donna ha ottenuto una committenza pubblica: le donne non avevano la possibilità di studiare l’anatomia maschile, non potevano restare in una stanza con un uomo nudo che non fosse della propria famiglia (e anche un loro familiare avrebbe comunque provocato scandalo). Questo è stato possibile solo dalla fine dell’Ottocento e ha tagliato fuori le artiste da ogni committenza pubblica. Una donna non avrebbe mai potuto fare la Cappella Sistina, ad esempio, perché le mancava la competenza pratica per un motivo sociale.